Lo psicologo Paul Watzlawick è stato il personaggio di spicco della Scuola di Palo Alto. La Scuola di Palo Alto è una scuola di psicoterapia breve che si focalizza sui sintomi. Questi clinici davano molta importanza al modo di comunicare delle persone ritenendolo fonte di sofferenze e disturbi.
Alcuni esponenti della Scuola di Palo Alto sono arrivati a sostenere che anche disturbi gravi come la schizofrenia, nascessero da comunicazioni 'errate' nella famiglia. Oggi sono pochi gli esponenti di questa scuola, in quanto è un modo di lavorare che non ha avuto riscontri positivi dalla ricerca in psicologia e molte di queste teorie sono state superate.
Rimane una corrente di pensiero interessante che ha dato un contributo nella comprensione di alcune dinamiche dietro alla comunicazione interpersonale.
E' Watzlawick che ha reso celebre il concetto di meta-comunicazione e dei livelli di comunicazione. Purtroppo sono concetti che sono fatti propri da correnti dedite maggiormente al marketing che alla psicologia. Questo li ha resi spesso dei pilastri di teorie pseudo-scientifiche o di etichette utilizzate da sedicenti consulenti o formatori che sono privi di una vera formazione in psicologia.
Il concetto di meta-comunicazione in sé non è sbagliato. La meta-comunicazione è la comunicazione sulla comunicazione. Concetto spesso eccessivamente complicato da chi lo utilizza che, in parole povere, indica quanto veicolato a livello non verbale.
Se dici 'non fa niente' con aria arrabbiata stai comunicando 'non fa niente' mentre meta-comunichi il contrario.
Infatti devi essere in grado di meta-comunicare in maniera adeguata per comunicare in modo efficace. Altrimenti ti manca una necessaria consapevolezza che ti permette di cogliere le sfumature celate dietro ai messaggi verbali. Insomma non è solo quello che dici ma anche come lo dici.
1. E' impossibile non comunicare
Il primo assioma è diventato famoso come 'non si può non comunicare'. Watzlawick utilizza il termine 'comunicazione' e 'comportamento' come interscambiabili. Alcuni dei suoi riferimenti sono all'etologia, citando ad esempio Lorenz e i suoi esperimenti sugli anatroccoli che seguono la madre.
E' dalla premessa che il comportamento nelle specie abbia funzione di comunicare informazioni che enuncia il primo assioma. Infatti se si potrebbe pensare alla possibilità di non comunicare, si coglie subito che non può esistere un 'non-comportamento'.
Dato che non puoi non avere un comportamento e che il comportamento è comunicazione, è impossibile non comunicare.
Non cadere quindi nell'errore di considerare chi tace o guarda altrove come una persona che non comunica. Il suo comportamento dice molto anche senza parole.
2. Esistono due livelli di comunicazione: di contenuto e di relazione
Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto (o informazione) e di relazione. Primo modalità trasmette i 'dati' la seconda come bisogna interpretare tale comunicazione. Ovvero che cosa dici e come lo dici.
Ad esempio è diverso dire con tono gentile 'passami il pane' rispetto a 'passami quel ç##@% pane!. Questi sono esempi verbali con contenuto simile ma chiedere gentilmente o dare ordini implicano relazioni diverse tra chi comunica. Si ritorna a parlare di meta-comunicazione.
All’interno di ogni comunicazione si possono individuare quindi due livelli. Il contenuto e l'aspetto relazionale della comunicazione ovvero la comunicazione sulla comunicazione.
L'aspetto relazionale è quindi il contesto che da senso anche al contenuto. 'Sei proprio scemo' può essere detto in maniera scherzosa con affetto ma anche come come offesa. Il modo in cui viene detto cambia il significato del contenuto.
In alcuni casi il solo livello di contenuto è ambiguo senza altri elementi. Ad esempio, in un ristorante un cartello con la frase 'i clienti che pensano che i nostri camerieri siano scortesi, dovrebbero vedere il direttore' si può interpretare in due modi molto differenti. Se non hai altre informazioni oltre il contenuto, non puoi sapere cosa significa.
3. La punteggiatura delle sequenze degli eventi definisce la relazione
Le persone comunicano con una serie ininterrotta di scambi. Ognuno però porta il proprio punto di vista e interpreta i messaggi alla luce di questo. Così ognuno usa la punteggiatura per organizzare gli scambi in un certo modo.
La comunicazione è continua e ognuno pone una 'punteggiatura'. Ovvero inizia a considerare alcuni messaggi e non quelli prima. Un po' come quando inizi a vedere un film da metà, ti fai un'idea di ciò che succede a seconda di quale scene inizi a vedere.
Quindi la punteggiatura utilizzata da una moglie può sottolineare che il marito sia sempre taciturno e di cattivo umore al punto di portarla ad arrabbiarsi e alzare la voce. La punteggiatura utilizzata dal marito, invece, parte dall'evento della moglie arrabbiata a cui lui reagisce col malumore e stando zitto.
La realtà, secondo Watzlawick, è un circolo vizioso infinito in cui gli scambi continuano in un circolo vizioso di influenza reciproca. La relazione 'sto zitto perché sei intrattabile' o 'mi arrabbio perché sei sempre di cattivo umore' nasce da come viene utilizzata la punteggiatura.
4. La comunicazione avviene attraverso i canali verbali e non verbali
La comunicazione verbale è di tipo discreto - ovvero caratterizzato da parole distinte con un significato ben differente. Quella non verbale invece esprime significati che vengono interpretati per somiglianze e analogie.
La comunicazione non verbale include, ad esempio, la postura, i gesti, l'espressione del volto, il tono di voce e il ritmo. Non bisogna dimenticarsi di gesti e comportamenti.
In natura la modalità non verbale è più utilizzata per esprimere relazioni e metacomunicare. Lo vediamo anche negli animali che ci 'chiedono' di prenderci cura di loro. Mentre la modalità verbale è quella predominante per esprimere contenuti.
Queste due comunicazioni sono complementari e infatti quando il messaggio verbale viene accompagnato da un comportamento non verbale incongruo, siamo portati a dubitare di ciò che viene detto.
5. Le interazioni possono essere complementari o simmetriche
Ci sono due possibili tipi di interazioni nella comunicazione: complementari o simmetriche. Prendiamo un esempio. Una persona manda un messaggio che veicola una certa relazione - a livello metacomunicativo - del tipo 'comando io'.
L'interlocutore può rispondere con una relazione di sottomissione e in questo caso sarà un'interazione complementare. Oppure può iniziare a sfidare l'altro e in questo caso sarà un'interazione simmetrica. Allo stesso modo una persona può dimostrarsi passiva e ottenere un'interazione simmetrica (uguale) dell'altro che si pone in maniera passiva a sua volta.
Insomma chi comunica getta il contesto metacomunicativo o relazione e l'altro può rispondere in due modi:
- rispondendo con lo stesso tipo di relazione, ovvero in maniera simmetrica;
- rispondendo con un altro tipo di relazione, ovvero in maniera complementare.
Un'interazione complementare può essere quella padre-figlio, soldato-ufficiale. Un'interazione simmetrica è tra pari. L'interazione simmetrica tende a ridurre le differenze mentre l'interazione complementare tende ad amplificarle.
Nell'interazione complementare c'è sempre uno dei due che mantiene una posizione di maggior potere.
Approfondimento: Come comunicare in maniera efficace
Bibliografia
Buongiorno, vorrei sapere se c è un libro di Sanavio. Grazie
Buongiorno Maria Grazia, il mio libro “Abilità invisibili” uscirà a luglio.