comunicazione efficace

Come comunicare in modo efficace

Cosa rende efficace la comunicazione? La risposta giusta non esiste ma quella breve è: dipende. Cosa rende efficace un utensile? Che sia fatto apposta per quel compito necessario per i nostri scopi. Quindi una comunicazione è resa efficace dalla gestione di sé e dell'altro e dalla capacità di utilizzare la tecnica giusta al momento giusto.

Un cacciavite è efficace per avvitare e per svitare mentre  un martello è perfetto per piantare i chiodi. Se vuoi essere bravo a fare lavori domestici non puoi martellare le viti (o avvitare i chiodi) perché hai solo quello strumento.

In questa guida cercherò di farti comprendere alcuni punti centrali delle dinamiche della comunicazione umana. Lo scopo però è di darti delle tecniche semplici ed efficaci da poter utilizzare per comunicare efficacemente appena hai finito di leggere la guida.

Per ottenere dei risultati la differenza la fa la pratica, quindi se pensi che basti capire qualche concetto filosofico, questa guida non fa per te!

Comunicazione efficace: definizione

La definizione di comunicazione è di per sé difficoltosa in quanto ci porta a scegliere una delle accezioni con cui viene utilizzata. Nel caso della comunicazione efficace è oramai condiviso che l'ambito sia quello della comunicazione interpersonale. Ovvero del modo in cui le persone comunicano, scambiandosi messaggi tramite canali verbali (parole) e non verbali (gesti, mimica facciale, tono di voce, ecc.).

La comunicazione efficace è quindi quell'area che studia i meccanismi che possono rendere più fruttuosi alcuni modi di comunicare rispetto ad altri. La finalità è molto pratica: applicare teorie e tecniche che permettano di migliorare la propria efficacia nel trattare con gli altri.

Semplificando possiamo considerare la comunicazione efficace come un modo di comunicare in cui chi parla si fa carico della responsabilità di comprendere il messaggio dell'altro e di far comprendere pienamente il proprio. Partendo dall'ascolto attivo e facendo ricorso a uno stile assertivo. Con uno stile di conduzione che, a seconda dell'emotività del momento, alterna il focus dal confronto con l'altro alla tutela della relazione creando un clima di fiducia.

"Puoi avere idee brillanti, ma se non riesci a farle capire non ti porteranno da nessuna parte"

– Lee Iacocca

La nostra guida alla comunicazione efficace

  • Far capire agli altri il tuo punto di vista
  • Comprendere le motivazioni e i problemi dell'interlocutore
  • Scoprire il ruolo del comportamento non verbale
  • Diventare consapevole del proprio stile comunicativo
  • Assumere il punto di vista degli altri

Per ottenere i migliori risultati ti conviene fare pratica con le tecniche e i consigli di questa guida. La guida è stata scritta cercando di semplificare quali competenze dovresti sviluppare. Tenendo anche conto dell'ordine con cui potresti iniziare a utilizzarle.

È come imparare uno sport. La teoria si discute per poco tempo all'inizio. Giusto per sapere cosa dover fare quando si scende in campo. Ma è la pratica che fa la differenza.

La parte migliore è che sarai in grado di applicare quello che impari anche nella vita quotidiana, con parenti, amici, colleghi ed estranei.

1 - Cosa significa comunicare in psicologia

La comunicazione in psicologia ha sempre avuto un ruolo importante. Se ne sono occupati in molti e da molte prospettive differenti. Non voglio annoiarti con nozioni noiose ma vale la pena accennare qualche base teorica.

“Non c'è niente di più pratico di una buona teoria”

– Kurt Lewin

Watzlawick e la scuola di Palo Alto

Paul Watzlawick è uno degli autori più noti che si sia chiesto cosa significa comunicare. Dalle sua analisi ha distinto diversi tipi di comunicazione e degli assiomi. Parla di metacomunicazione per intendere la comunicazione sulla comunicazione. Ovvero tutto quello che cambia o da sfumature differenti al significato letterale delle parole.

Devi essere in grado di metacomunicare in maniera adeguata per comunicare in modo efficace. Altrimenti ti manca una necessaria consapevolezza che ti permette di cogliere le sfumature celate dietro ai messaggi verbali. Uno dei punti importanti che sottolinea Watzlawick è che la comunicazione avviene attraverso i canali verbali e non verbali e che sono entrambi importanti.

Il primo assioma della comunicazione è diventato famoso come 'non si può non comunicare'. Watzlawick utilizza il termine 'comunicazione' e 'comportamento' come interscambiabili. Alcuni dei suoi riferimenti teorici sono all'etologia, citando ad esempio Lorenz e i suoi esperimenti sugli anatroccoli che seguono la madre per istinto.

E' dalla premessa che il comportamento nelle specie abbia funzione di comunicare informazioni che enuncia il primo assioma. Infatti se si potrebbe anche pensare alla possibilità di non comunicare, si coglie subito che non esiste un 'non-comportamento'.

Dato che non puoi non avere un comportamento e che il comportamento è comunicazione, è impossibile non comunicare.

Non cadere quindi nell'errore di considerare chi tace o guarda altrove come una persona che non comunica. Il suo comportamento dice molto anche senza parole.

L'assertività

Per poter comunicare in maniera efficace devi saperti esprimere in maniera assertiva. L'assertività è un tema che si sovrappone con la comunicazione efficace ma che è già stato trattato in maniera esaustiva in altri articoli del nostro blog.

Prova a valutare quanto sei assertivo con il nostro test. Se hai la tendenza a comunicare con uno stile passivo o aggressivo quando devi affrontare comunicazioni difficili, prova a partire lavorando sull'assertività.

I pensieri non sono fatti

Fin da piccoli siamo abituati a mischiare i fatti con ciò che pensiamo. Prova a pensare a un elefante rosa seduto alla tua destra. Esiste quell'elefante?

Dipende. Sicuramente non si è materializzato sul tuo pavimento. Ma il pensiero dell'elefante reale era nella tua testa ed era un vero pensiero.

Nessuno può dirti 'no è falso il tuo pensiero perché gli elefanti rosa non esistono'. Possiamo creare ogni pensiero e immagine mentale che vogliamo. Puoi continuare a litigare con una persona tra te e te oppure spaventarti immaginando sciagure che non capiteranno mai ma - nella tua mente - sono dei pensieri veri e propri.

Il problema non è quando pensi a cose strane e incredibili. Il problema è quando fai dei pensieri che sono realistici. Ad esempio se pensi che la tua auto si stia per rompere per una spia che si accende.

Tu non sarai in ansia perché si è accesa la spia ma perché hai pensato che questa significhi che l'auto sta per rompersi. Magari senti un rumore che prima forse non c'era, a cosa pensi? Poi ti fermi e controlli sul libretto e vedi che è la spia che indica semplicemente che l'airbag del passeggero è disattivato.

Tiri un sospiro di sollievo ricordandoti che hai caricato tuo nipote col seggiolino. Come ogni guidatore prudente hai disattivato l'airbag finché portavi il bambino e poi te ne sei dimenticato.

Il problema delle relazioni con gli altri è che sono costellate da situazioni ambigue. Da persone che si influenzano a vicenda con le loro interpretazioni e le loro aspettative. La nostra mente è in grado di compiere dei processi incredibili.

Però a volte è miope su alcune scorciatoie che prende. Spesso in maniera automatica e senza che tu ne sia consapevole. Una di questa scorciatoia è confondere ciò che si pensa con la realtà: pensieri = fatti oppure 'se lo penso allora è vero'.

Nella vita quotidiana potresti, ad esempio, pensare che una persona sia scortese per come hai interpretato uno sguardo. Se sei consapevole che quello che ti passa per la mente sono pensieri (interpretazioni) e non fatti, sai già un passo avanti a molte persone. Questo ti permette anche di riuscire comprendere meglio il punto di vista degli altri e a non reagire in maniera eccessivamente emotiva.

Comunicare significa interpretare

Molte persone pensano che la comunicazione interpersonale sia un processo lineare come mandare una lettera. Magari ti è capitato di pensare a cosa dire a una persona, ragionando solo su che parole utilizzare. Purtroppo le cose sono un po' più complesse.

Se parli con un'altra persona stai traducendo i tuoi pensieri in parole per mandare un messaggio all'altro. Lei a sua volta sentirà il tuo messaggio e lo interpreterà. Alla fine traduci pensieri in suoni che articoli con la bocca e poi il tuo interlocutore interpreterà questi suoni trasmessi dall'aria fino ai suoi timpani.

Insomma la comunicazione è simile a un telefono senza fili. È inevitabile che in una conversazione alcune cose vengano fraintese o neanche sentite. Magari l'altro era distratto, c'era del rumore o stava pensando a cosa dire dopo.

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Il gioco del telefono senza fili fa capire quanto sia difficile anche semplicemente ripetere ciò che viene detto.

Magari avevi in testa un concetto ma potresti finire per usare un giro di parole che lo rende meno chiaro. Capita spesso, magari non sai come fare una critica o una richiesta di un favore e finisci per usare un giro di parole che rende la comunicazione meno chiara. Oppure potresti semplicemente dimenticare di dire a parole qualcosa che hai bene in mente ma l'altro non sa.

Ogni persona inoltre filtrerà ciò che sente in base alle sue aspettative e al suo umore. Diversi studi hanno dimostrato che se siamo tristi, interpretiamo le situazioni in maniera più negativa.

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Quello che tu pensi che succeda

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Quello che può succedere se vi capite bene

come comunicare efficacemente

Cos'altro potrebbe capitare se vi capite bene.

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Quello che succede quando entrano in gioco le esperienze di ognuno che danno significato a concetti e parole

La comunicazione prevede una codifica da parte di chi parla, che deve scegliere le parole per esprimere ciò che pensa. Il successivo invio del messaggio a parole e, infine, la decodifica di queste parole e l'interpretazione del messaggio da parte di chi ascolta.

Può essere semplice nell'esempio far capire 'albero' anche se l'ascoltatore non penserà mai allo stesso albero che aveva in testa chi parla. Man mano che i concetti diventano più complessi, soggettivi e non osservabili come 'buon lavoro', 'giusto', 'morale', 'dovere', ecc. può diventare come parlare due lingue diverse.

Il problema è che puoi continuare a essere convinto che gli altri abbiano in testa il tuo stesso albero, il tuo stesso concetto di giusto, ecc.

La comunicazione efficace in azienda

Secondo il World Economic Forum la tendenza che sta cambiando maggiormente il mondo del lavoro è dato dalle soft skill. Molte aziende oramai sono sempre più interessate alle competenze trasversali dei loro dipendenti. Questo perché si accorgono che la formazione classica prepara solo all'aspetto tecnico del lavoro, ma non da competenze per gestire se stessi e gli altri.

Le competenze di comunicazione, sempre secondo il World Economic Forum saranno le competenze più richieste dal mondo del lavoro entro il 2020. Inoltre i compiti più tecnici verranno via via sostituiti da macchine ed intelligenza artificiale. Rockfeller, già anni addietro, diceva 'sono pronto a pagare la capacità di trattare con la gente più di qualsiasi altra capacità al mondo'.

2 - Comprendere il comportamento non verbale

Il comportamento non verbale è una componente fondamentale della comunicazione. Nessuna persona veramente capace di comunicare non sfrutta le molte informazioni date dalla mimica facciale, dal tono della voce e dalla gestualità. Purtroppo è un argomento che va di moda e attira persone che si lanciano in particolari interpretazioni su basi assolutamente speculative.

Solitamente si distinguono tre canali comunicativi che sono gli elementi della comunicazione:

  1. Canale verbale: ovvero ciò che si dice con le parole;
  2. Canale paraverbale: il modo in cui si parla, quindi il tono, il volume, il ritmo, ecc.;
  3. Canale non verbale: il corpo, la postura, i gesti e la mimica del volto.

“La cosa più importante nella comunicazione è sentire quello che non viene detto”

– Peter Drucker

Il mito del non verbale

Un concetto caro a molti formatori e relatori è quello della percentuale del messaggio veicolata da ogni canale. Sto parlando della credenza che il non verbale comunichi il 55% di un messaggio, il paraverbale il 36% e il verbale solo il 7%.

Anche lo stesso Albert Mehrabian, lo psicologo che condusse la ricerca da cui è nato questo mito, ha ritrattato pubblicamente queste conclusioni. Quello che ha voluto precisare è che, oltre a essere solo delle stime, hanno valore solo se chi comunica sta parlando di sentimenti o emozioni.

Sono ovviamente a disagio per le errate interpretazioni del mio lavoro. Fin dall'inizio ho cercato di spiegare alle persone le corrette limitazioni delle mie ricerche. Sfortunatamente, il campo dei sedicenti 'consulenti d'immagine aziendale' o dei 'consulenti della leadership' ha numerosi praticanti con pochissime competenze psicologiche

– Albert Mehrabian

Ad esempio, se dico che sono triste ma sorrido non sarò credibile. Ma se ti spiego la ricetta di un piatto tipico della cucina Veneta con tono arrabbiato piuttosto che felice (o anche emotivamente neutro) capisci che è impossibile tirare fuori più informazioni dal comportamento non verbale che dalle parole.

Nel comprendere veramente il ruolo del non verbale devi prendere coscienza del fatto che veicola messaggi ambigui. Cercare di arrivare a spiegazioni certe di cosa significhi un gesto, ad esempio che una persona incroci le braccia oppure - ancora peggio - a seconda della direzione in cui muove gli occhi è una strategia fallace. Non solo non caverai un ragno dal buco ma, anzi, peggiorerai la situazione.

Se dai troppa attenzione a questi segnali e inizi a cercare di interpretarli non sarai più presente nella conversazione. Questo provoca due effetti negativi:

  1. Perderai molte informazioni perché penserai tra te e te invece di prestare attenzione all'altro;
  2. Peggiorerai la qualità della comunicazione perché verrai percepito come distratto (oppure ostile) e l'altro sarà meno motivato a parlare.

Diversi studi hanno inoltre dimostrato che siamo molto meno bravi di quanto pensiamo a capire quando gli altri mentono. Quindi un buon consiglio è di diffidare delle proprie interpretazioni. Spesso le persone indovinano nel 50% dei casi, insomma quanto facendo testa o croce.

Ad esempio, si è visto che in realtà chi mente guarda negli occhi di più e più a lungo. Questo contraddice una delle comuni idee che chi mente non guarda negli occhi.

Anche la 'macchina della verità' è considerata poco attendibile. Si tratta di macchinari che misurano moltissime variabili psicofisiologiche con enorme precisione. Il problema è che non esiste un 'indice della menzogna' ma abbiamo sono degli indici non specifici di attivazione emotiva.

Se sei legato a cavi ed elettrodi e un poliziotto ti fissa e ti chiede se hai ucciso tua moglie è difficile rimanere calmi anche se sei innocente. La bravura di chi utilizza strumenti di questo tipo è nel costruire una linea di base prima e poi valutare le reazioni a diversi tipi di domande.

Attento al bias di attribuzione

In psicologia si usa la parola bias per indicare un errore sistematico. Un errore può essere casuale come quando ti cade qualcosa, oppure sistematico come una bilancia che pesa sempre il 10% in più. E' un errore difficile da notare perché è sempre presente.

Il bias di attribuzione ci porta sempre, e in maniera inconsapevole, a cercare una ragione per il comportamento altrui. Ci porta però a sottovalutare gli aspetti legati alla situazione e a sopravvalutare quelli legati al carattere della persona.

Quindi se litighi con qualcuno, concluderai più facilmente che ha un caratteraccio piuttosto che abbia avuto una giornata difficile. Se una persona ti urta correndo, sarai più portato a pensare che sia maldestra piuttosto che fosse in ritardo.

Allo stesso modo, se vedi una persona che mostra segnali di ansia o imbarazzo puoi essere portato a generalizzare che sia una persona con un carattere timido, ansioso o anche pavido. Essere in ansia in un dato momento non significa essere sempre in ansia in ogni situazione.

L'espressione delle emozioni

La conoscenza scientifica della comunicazione non verbale ci arriva prima dall'etologia, che studia gli animali, e poi dagli studi di Paul Ekman. Ekman ha studiato l'espressione facciale delle emozioni in tutto il mondo e per tutta la sua vita. L'espressione facciale delle emozioni è solo una parte della comunicazione non verbale, ma è quella su cui abbiamo conoscenze affidabili ottenute con metodi scientifici.

Secondo gli studi di Ekman emergono 7 emozioni che vengono espresse con una mimica specifica e differente:

  1. Felicità
  2. Rabbia
  3. Paura
  4. Sorpresa
  5. Tristezza
  6. Disgusto
  7. Disprezzo

In origine ne aveva identificate solamente sei, ma studi successivi lo hanno portato a includere anche il disprezzo.

espressione facciale

Riesci a riconoscere tutte le emozioni espresse da questi volti?

Dalle ricerche di Ekman emergono anche alcune caratteristiche innaturali dell'espressione delle emozioni. Sono dei veri e propri indici che possono mostrare una simulazione e, quindi, un tentativo di mentire.

1. Asimmetria

Le emozioni sincere sono abbastanza simmetriche. Ci sono sempre asimmetrie nella forma del volto umano, ma espressioni marcatamente non simmetriche sono generalmente simulate e non spontanee.

2. Tempo

Quanto dura la manifestazione dell'emozione? La maggior parte delle espressioni sincere durano frazioni di secondo. Se una persona ha un'espressione sorpresa stampata in faccia per 10 secondi è probabilmente una simulazione.

3. Collocazione

L'espressione del volto è in contemporanea con quanto viene detto a parole, oppure è in anticipo o ritardo?

Il punto più importante è non generalizzare sulla base di poche osservazioni. Il comportamento non verbale acquisisce significato quando conosci il comportamento normale della persona in oggetto. In questo modo puoi vedere i cambiamenti rispetto alla norma.

Ad esempio, se vedi una persona per la prima volta e nota che tende a stare in apnea e a respirare in maniera superficiale puoi pensare che sia in ansia. Questo può essere vero, in linea di massima, ma può significare due cose differenti.

In un caso la persona è in ansia in quel momento, magari è successo qualcosa o vi siete incontrati mentre andava dal dentista. Potrebbe però anche essere una persona che tende a respirare così sempre e sebbene magari sia un po' ansiosa come carattere non è in una situazione che la mette in ansia.

Come fare pratica

Un modo per esercitarti a decifrare la comunicazione non verbale in maniera intelligente è tramite l'osservazione. Prova a osservare le persone senza sentire quello che dicono. Puoi farlo sia con persone distanti ma anche con la televisione senza sonoro.

La comunicazione non verbale è cablata nel nostro cervello da quando siamo animali. Impari di più osservandola piuttosto che imparando una sfilza di regole dubbie da tenere a mente. Un enorme vantaggio è che così lasci lavorare il cervello in automatico.

3 - Iniziare ascoltando

Se vuoi costruire una casa parti scavando delle fondamenta e non alzando dei muri. Allo stesso modo se vuoi comunicare in maniera efficace devi partire ascoltando e non parlando. Può sembrare una posizione passiva ma non è così.

Si parla infatti di ascolto attivo per indicare un modo di ascoltare che ti permetta di invogliare l'altro a condividere più informazioni, mentre riesci a farlo sentire ascoltato e compreso. Il fine di questa prima parte è l'assunzione di prospettiva. Devi riuscire a vedere quella particolare situazione come la vede l'altro.

Uno degli aspetti della comunicazione che incide di più nel renderla efficace è l'ascolto. L'ascolto è uno dei migliori punti partenza nella maggior parte dei casi. Come si mette in pratica però l'ascolto attivo?

Parti ascoltando in silenzio. Lascia tempo all'altro per dire ciò che vuole mentre tu raccogli informazioni utili. Restando in silenzio gli dai attenzione e lo fai sentire ascoltato.

Restare assolutamente in silenzio però può essere controproducente. Cerca di diventare via via più partecipe alla conversazione. Per ascoltare attivamente devi dare dei segnali di interesse all'altro, che lo facciano continuare.

Puoi fargli capire che lo ascolti e che sei interessato sia con delle parole che con dei messaggi non verbali. Ad esempio puoi dire 'raccontami', 'davvero?' ma anche solo annuire o un 'ah!', 'mh-mh', ecc.

Ascoltando puoi fare degli inviti ad approfondire alcuni aspetti che ti interessano. Prova a immaginare l'ultima volta che hai ascoltato una persona con interesse. Verosimilmente avrai fatto domande per saperne di più, motivate dalla curiosità.

Quando pensi di aver capito il punto di vista dell'altro inizia a riflettere e a riassumere. E' il modo in cui appuri di aver compreso veramente. Inoltre darai all'altro la possibilità di correggerti.

Riassumere è molto semplice. Fai un riassunto vero e proprio di quello che ha detto l'altro e assicurati di chiederle conferma che sia corretto.

Per riflettere invece devi fare un passo in più. Magari ti hanno raccontato alcuni fatti ma non come li hanno vissuti. Intuendo come si sentano, puoi riflettere il loro stato d'animo.

In questo caso devi dichiarare l'idea che ti sei fatto di come si senta l'altro, lasciandogli la possibilità di correggerti. I casi sono due: indovini come si sente, entrando in empatia con lui oppure vieni corretto e in questo modo impari a comprendere meglio quella persona.

Assumere la prospettiva dell'interlocutore

Lo scopo dell'ascolto attivo è di riuscire ad assumere la prospettiva dell'altro.

Prova a pensare all'ultima volta che hai litigato con qualcuno ma che poi siete riusciti a chiarirvi. Probabilmente hai notato che quello che diceva era comprensibile alla luce delle sue motivazioni. Magari non eri d'accordo con lui, ma verosimilmente aveva delle ragioni. 

Spesso si parte a discutere da presupposti differenti. Siamo molto bravi a dare per scontato che il nostro modo di vedere le cose sia quello giusto. Purtroppo spesso non siamo consapevoli che di solito le persone non hanno tutte le nostre informazioni e sono anche a conoscenza di fatti che noi ignoriamo.

Assumere la prospettiva altrui non significa dare ragione. Significa riconoscere che se qualcuno reagisce in un certo modo, se ha quelle aspettative c'è un motivo che lo rende comprensibile. Capendolo crei un territorio comune da cui partire a dialogare.

E' impossibile comunicare in maniera efficace con qualcuno se non si conoscono i presupposti da cui parte il suo ragionamento. Una persona può essere arrabbiata o comportarsi in un certo modo per mille motivi. E' capendo e affrontando le motivazioni che ci sono dietro che puoi cambiare il suo comportamento.

assunzione prospettiva

Fare assunzione di prospettiva è uno sforzo che ti permette di gettare delle solide basi. Basi per impostare una comunicazione improntata al risolvere problemi invece che a discutere su chi ha ragione.

Se vuoi comunicare in maniera efficace devi scendere a patti col fatto che ogni persona può avere le idee più strane ed esserne comunque molto convinta. Il bello è che se comprendi i loro ragionamenti, le loro esperienze e le loro aspettative sono sempre assolutamente sensate.

Quando assumi la prospettiva dell'altro, siete nella stessa barca. Si crea un clima collaborativo e potete iniziare a vedere le stesse cose e guardare nella stessa direzione. Diventa più facile muoversi come una squadra che cerca di risolvere un problema.

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Persone che hanno la stessa prospettiva e guardano avanti.

Ricordati quello che dicevamo al primo capitolo. I pensieri non sono fatti: se pensi una cosa non significa che sia vera! E' la tua percezione di un fatto o di una situazione, non la vera situazione. Due diverse persone che vedono la stessa scena la percepiscono diversamente.

Impara quindi a prendere il punto di vista di chi vuole risolvere un problema e mediare tra ciò che osserva. Ciò che osserva dal proprio interlocutore ma anche in se stesso! Puoi pensare che una persona sia inaffidabile ma puoi anche essere consapevole che è un tuo pensiero.

“La percezione è reale, anche se non è realtà”

– Edward De Bono

Puoi così prendere l'abitudine ti sfruttare i tuoi pensieri come informazioni senza esserne schiavo. Senza quindi dover reagire in maniera emotiva a ciò che pensi. Senza dover comportarti per forza come ti viene automatico.

Ma anche imparando a esprimere i tuoi dubbi e i tuoi desideri in maniera assertiva.

4 - La prima persona per l'espressione di sé

Sei un ritardatario... Non me lo aspettavo da te! Dovresti migliorare il tuo comportamento. Come ti senti quando il tuo capo o un familiare ti parla così? Probabilmente sotto accusa, in colpa o arrabbiato.

Ogni volta che parli a qualcuno usando la seconda persona - ovvero il tu - lo fai sentire colpevolizzato, sotto attacco. Inoltre gli stai scaricando addosso la responsabilità di come tu ti senti. Se ti dico 'mi stai facendo arrabbiare, stai mandando tutto all'aria', non mi assumo la responsabilità delle mie emozioni e di come mi sento.

Cosa succede quando parli così ad amici o colleghi? Semplice, reagiscono in maniera emotiva. Come da animali reagivamo con la cosiddetta reazione di attacco/fuga, anche oggi incontrerai chi reagisce in maniera aggressiva e chi in maniera passiva.

Generalmente, però, la discussione non sarà qualcosa di utile e fruttuoso. Si partirà da avversari, secondo una prospettiva che implica che il problema è dell'altro e che lui deve cambiare perché è sbagliato. Si finisce quindi a discutere di chi ha ragione, portando argomenti sepolti che vengono tirati fuori per essere rinfacciati.

Addio clima collaborativo.

Se invece impari a usare la prima persona, presenti il tuo punto di vista senza colpevolizzare il prossimo. Se dici 'mi arrabbio a parlare di queste cose, faccio fatica a rimanere calmo quando penso che stia per andare tutto all'aria' mandi un messaggio completamente differente. Ti assumi la responsabilità della tua reazione.

Ovviamente se devi sottolineare qualcosa che ha fatto l'altro per farti reagire così non puoi fare finta di niente. Però spesso generalizziamo, giudichiamo e accusiamo. Diciamo quindi 'sei sempre in ritardo', 'non dovresti', 'è sbagliato', 'sei un irrispettoso', ecc.

Un bel modo di iniziare a discutere su cos'è giusto e cosa è sbagliato. Sul perché ti aspettavi questo suo comportamento e per quale motivo lui dovrebbe comportarsi come vuoi tu. Sul fatto che non sono sempre in ritardo perché lunedì ero puntuale e inoltre quando tu...

Se invece prendi l'abitudine di descrivere il comportamento specifico dell'altra persona sarai oggettivo e inattaccabile. Se spieghi anche la relazione tra il suo comportamento e la tua reazione sarai molto efficace. Riuscirai a spiegare la tua posizione, a giustificare la tua reazione e, soprattutto, otterrai molta più collaborazione!

La maggior parte delle volte le persone non sono menefreghiste o cattive. A volte non sono consapevoli di ciò che viviamo nella nostra testa e di come loro potrebbero essere d'aiuto invece che d'intralcio.

  • Quando arrivi in ritardo, devo ricominciare da capo e rischio di arrivare in ritardo ai prossimi appuntamenti;

  • Ti ho aspettato per 45 minuti e sono seccato. Per me è stato faticoso essere qui a quest'ora e ho dovuto gestire i miei impegni di conseguenza. Vorrei essere avvisato in caso di simili ritardi;

  • Non hai risposto alla mail che ti ho mandato lunedì in cui ti chiedevo i dati del progetto, mi aspettavo comunque di riceverli entro ieri sera come mi avevi assicurati quando ci siamo sentiti per telefono. Adesso non posso continuare a procedere con il mio lavoro e questo mi da fastidio. Ho paura di non riuscire a finire in tempo il mio lavoro e vorrei che mi mandassi tutto ciò che ti ho chiesto subito, così posso rimettermi al lavoro.

Cerca di esprimerti in prima persona per dire quello che pensi e dichiarare anche quali sono le tue aspettative!

Descrivi e non giudicare

Per poter comunicare in maniera efficace bisogna essere oggettivi ed evitare di far sentire l'altro sotto accusa. Per questo motivo è necessario imparare a descrivere invece di giudicare.

Se sei in grado di descrivere il comportamento dell'altro e le sue conseguenze su di te senza giudicarlo, puoi affrontare critiche e argomenti difficili con facilità. Non solo, riuscirai anche a sviluppare maggiore empatia con gli altri mentre lo fai.

Questo perché sono i giudizi che emettiamo che allontanano le persone e fanno deragliare la comunicazione. Se impari a esprimerti in maniera efficace eviterai questo problema.

La resistenza degli altri nasce quando si sentono sotto accusa. Se parli dei tuoi bisogni e dei tuoi desideri sviluppi invece collaborazione.

Prendi l'abitudine di descrivere e di non giudicare. Puoi iniziare a farlo subito anche sulle piccole cose.

Comunicazione

Giudizio

Descrizione

Valutazione

Esprimere giudizi come fatti e senza spiegarne il motivo

Sei troppo generoso

Quando ti vedo dare ad altri tutti i soldi del tuo pranzo penso che tu sia troppo generoso

Generalizzazione

Dire 'sempre' o 'mai'

Marco rimanda sempre le cose

Marco si è ritrovato a studiare solo la sera prima dell'esame un'altra volta

Reificazione

Confondere pensieri con fatti

Non terminerà il lavoro

Penso che non terminerò il lavoro, ieri mi ha detto che aveva paura di non farcela

Chiaroveggenza

Dare per certe le proprie previsioni

Se mangi carne ti ammalerai

Se mangi carne rossa più di due volte la settimana temo possa nuocere alla tua salute

Sottintendere

Non far capire a cosa ci si riferisce

Non possiamo andare avanti così

Vorrei che smettessi di prendere accordi con Rossi, dopo i tre problemi del mese scorso penso sia inaffidabile 

Etichettare

Usare parole che definiscono la persona nel suo completo

Laura è incapace

Laura le ultime  cinque volte che abbiamo giocato a tennis ha sempre perso

Usando descrizioni senza giudizi sarà anche più facile vedere il problema come comune. Quando le persone si sentono giudicate si sentono come se dovesse essere responsabilità loro cambiare le cose.

Se parli in prima persona e descrivi mandi un altro messaggio. Sottolinei che c'è un problema (ma non è colpa dell'altro) ed è da risolvere assieme (ma non è responsabilità dell'altro risolverlo).

Se il problema è, ad esempio, un tuo collega che non sta facendo la sua parte se descrivi il suo comportamento lui non potrà darti torto. Se gli chiedi aiuto per la risoluzione del problema non ti dirà 'devi fare tutto tu perché io ho il diritto di non farlo'. Messo davanti all'evidenza, sarà lui stesso a dover cedere.

Esempio:
- 'Ciao Stefano, ti volevo parlare. E' un buon momento? Aspettavamo la tua parte del lavoro per la settimana scorsa e oltre a non averla ricevuta non ho avuto risposta alle due mail che ti ho mandato. Ho paura che il nostro lavoro verrà influenzato negativamente da questo tuo ritardo nella consegna. Sono un po' in difficoltà e la cosa mi infastidisce ma vorrei ragionare con te su come risolvere il problema'
-  'Quando non mi dici se mangi a casa o no, non so come organizzarmi e non mi piace non sapere dove mangerò e con chi nel fine settimana perché non vorrei trovarmi da solo. Riesci a darmi una risposta entro stasera?'

Esercizio: descrizione del comportamento

La prossima volta che ti ritrovi a infastidito da qualcuno prova a formulare delle descrizioni specifiche del suo comportamento. Puoi anche scriverle sul cellulare e riguardarle in un secondo momento. In seguito rileggile e prova a scovare i giudizi che ti sono sfuggiti.

5 - Crea un clima positivo di fiducia

Ci piace l'idea di essere razionali, ma la verità è che siamo esseri emotivi bravi a razionalizzare. Se vuoi imparare come rendere efficace la comunicazione devi saper creare i giusti presupposti per mantenere un clima positivo curandoti anche della reazione emotiva delle persone.

Una comunicazione è efficace quando c'è un clima di collaborazione.

L'intelligenza emotiva

Gli studi di Daniel Goleman sono oramai ben noti anche al di fuori del mondo della psicologia. Oramai è ben noto che spesso la differenza sia nel successo che nella felicità è data dal quoziente emotivo più che dal quoziente intellettivo. Ovvero dalla capacità di comprendere gli stati emotivi propri e altrui.

Noi siamo animali molto evoluti. Per quanto siamo in un periodo di sviluppo che nessuno avrebbe potuto immaginare nel passato, il nostro cervello è stato plasmato dall'evoluzione. L'evoluzione ragiona su tempistiche di migliaia e migliaia di anni.

Per questo motivo le nostre reazioni emotive sono profondamente cablate nel tuo cervello. Un cervello che mantiene molti funzionamenti di base di quello degli animali. Il sistema limbico, infatti caratterizza tutti i mammiferi e noi, per quanto educati ed evoluti, siamo mammiferi.

Come hai reagito durante l'ultimo litigio che hai avuto col tuo partner o al lavoro? Sceglievi con attenzione cosa dire, oppure, reagivi istintivamente senza molta consapevolezza di ciò che dicevi? Magari in altre situazioni, invece, ti è capitato di paralizzarti o fare scena muta davanti ad alcune critiche o a degli attacchi veri e propri.

Goleman parla di sequestro emozionale per indicare quando reagiamo in maniera emotiva. E' uno stato di emergenza che scatta in relazione a una minaccia - o alla percezione di minaccia. Se provochi un'attivazione dell'amigdala del tuo interlocutore, ti sei giocato la possibilità di comunicare in maniera efficace.

L'amigdala è una struttura interna e molto antica del cervello. Il suo ruolo è di reagire in maniera molto rapida a possibili pericoli. L'evoluzione ha fatto sì che l'amigdala diventasse molto sensibile. Dopotutto chi scappava subito per un semplice rumore sopravviveva mentre chi non scappava poteva essere mangiato (se c'era un predatore). Chi moriva non trasmetteva i propri geni.

Cosa c'entra tutto questo con la comunicazione? Per tre motivi:

1. Se mandi un messaggio che può essere anche solo lontanamente percepito come minaccioso, provocherai un sequestro emozionale. Questo provocherà a una reazione di attacco (rabbia) o di fuga (paura) nell'altro.

2. Se tu ti senti minacciato sarai vittima di un sequestro emozionale. Per questo motivo comunicare in maniera efficace implica essere in grado di gestire lo stress e le emozioni.

3. Se sei dotato di intelligenza emotiva ti 'sintonizzi' meglio con gli altri e ti fai capire meglio. Prestare attenzione alle tue emozioni e a quelle altrui è il primo passo per esserne consapevole.

“Ogni emozione ci predispone all'azione in modo caratteristico: ciascuna ci orienta in una direzione che si è già rivelata proficua per per superare le sfide ricorrenti della vita umana - situazioni eterne che si ripetono infinite volte nella nostra storia evolutiva”

– Daniel Goleman

Se vuoi migliorare la tua intelligenza emotiva prova a chiederti la seguente domanda: quali sono le differenze tra come mi vedo io e come mi vedono gli altri?

Il primo passo è capire quanto la percezione che hai di te stesso è diversa da come ti vedono gli altri. Noi tendiamo a essere poco capaci a cogliere come esprimiamo e leggiamo le emozioni altrui. Per esempio, la maggior parte delle persone crede di essere brava ad ascoltare ma non è così.

Ti è mai capitato di parlare al microfono o di sentire la tua voce registrata? Le prime volta che capita la reazione è di dire 'no non sono io' e subito dopo 'che brutta voce'. Questo perché non sei abituato a sentire la tua vera voce perché la percepisci in maniera distorta.

Favoriamo chi ci piace

Lo psicologo Robert Cialdini ha dedicato la sua vita a studiare i meccanismi dietro alla persuasione. Ha identificato diverse leve psicologiche che ti possono rendere maggiormente efficace a trattare con gli altri. Una di queste è la simpatia.

Se ci pensi è scontato. Preferiamo chi ci sta simpatico, sia nel lavoro che nella vita privata. Lo stesso
favore se ti viene chiesto da un tuo caro amico o da quel vicino di casa che non sopporti, ha un valore molto diverso.

Ma quali sono i meccanismi che fanno sì che una persona ci stia simpatica?

Somiglianza
Uno degli aspetti più importanti è dato dalla somiglianza. Un vecchio detto dice che gli opposti si attraggono, nulla di più sbagliato. Siamo portati a preferire persone che ci assomigliano.

Il consiglio non è di fingere per sembrare uguale al tuo interlocutore, ma piuttosto cercare e sottolineare gli aspetti in comune. Allo stesso modo vale la pena non dare troppo peso alle eventuali differenze. Attenzione infatti a toccare argomenti come la politica o la religione, se non sei sicuro che l'altro la pensi come te rischi di provocare una lite.

A tua volta devi essere consapevole che sottostimiamo molto l'effetto della somiglianza nella simpatia che proviamo per gli altri. Questo può anche essere usato contro di te. Ad esempio molti venditori vengono esplicitamente istruiti a fingere di somigliare al cliente.

Complimenti
Diversi studi mostrano che valutiamo come più simpatico chi ci fa degli apprezzamenti. E' un metodo anche subdolo di cui alcune persone rischiano di abusare sembrando falsi. 

Il consiglio, anche qui, non è di fingere ma fare quei complimenti autentici che magari solitamente non fai. Spesso siamo più abituati a cercare cosa non va e gli errori piuttosto che riconoscere i meriti. L'assertività positiva, ad esempio, prevede di esprimere ciò che si pensa di positivo sulle altre persone.

Familiarità
Preferiamo quello che conosciamo. Molti esperimenti hanno dimostrato come persone tra di loro molto simili se venivano divise in due gruppi in maniera casuale, potevano diventare forti rivali. Queste rivalità vengono amplificate dalla partecipazione ad attività competitive.

Se devi avere a che fare con qualcuno può essere utile anche ragionare sull'appartenenza a differenti gruppi e sull'aumento della familiarità. Ovviamente è una strategia a lungo termine che non si può improvvisare. Ma anche creare le situazioni per dover collaborare a lavoro piuttosto che trovarsi al di fuori del normale contesto può aiutare molto.

Associazione
Noi veniamo associati alla situazioni in cui ci troviamo. Alcuni ricercatori hanno misurato gli effetti della 'tecnica dello spuntino'. Hanno dimostrato che le persone erano più ben disposte verso persone e prodotti mentre mangiavano. Il motivo è un semplice condizionamento.

Dato che il cibo provoca delle reazioni, solitamente positive e piacevoli. Se in quella situazione si introduceva un'altra persona, questa veniva associata alle reazioni positive del pasto. Tieni quindi un occhio di riguardo per evitare associazioni negative e cercare di sfruttarne di positive.

Favoriamo chi ci favorisce

Sempre Cialdini ha studiato l'effetto di reciprocità. Un professore universitario ha fatto uno studio che ha dato dei risultati interessanti. Inviò a dei perfetti sconosciuti dei biglietti con gli auguri di Natale e in molti gli risposero con altrettanti biglietti di auguri.

Nell'uomo c'è una regola del contraccambio implicita che osserva praticamente chiunque. La regola ci dice che se ci danno qualcosa, dobbiamo dare qualcos'altro in cambio. Ti sei mai sentito in debito verso qualcuno anche solo perché è stato gentile nei tuoi confronti?

Il paleontologo Richard Leakey sostiene che la reciprocità dei nostri antenati sia stato un fattore determinante nella storia dell'uomo.

Se devi stringere rapporti di collaborazione oppure semplicemente farti ascoltare, se hai fatto o stai facendo qualcosa per il tuo interlocutore è più probabile che questo ti ascolti. Molto spesso nelle comunicazioni difficili, invece, il clima più che quello di due alleati è di due avversari che si affrontano.

La comunicazione non violenta di Rosenberg

Lo psicologo Marshall Rosenberg ha girato il mondo tenendo seminari su come comunicare. Il suo approccio si chiama comunicazione non violenta e prende alcuni aspetti dell'assertività con particolare attenzione all'empatia. Rosenberg è stato allievo di Rogers, il principale esponente della psicologia umanistica e del counseling.

Rosenberg parla del messaggio io, dell'ascolto attivo e di descrivere senza giudicare come dei modi per creare empatia tra le persone. Come mezzi per creare relazioni autentiche e funzionali, grazie a un linguaggio aperto e concreto. 

Ma Rosenberg a mio avviso da un valore aggiunto a queste tecniche. Spesso non è facile rimanere calmi e ascoltare oppure esprimersi in prima persona. Soprattutto quando siamo emotivamente attivati e tendiamo a reagire in maniera passiva o aggressiva.

Se hai letto la mia guida sull'assertività sai che paragono il comportamento a un'altalena: quando è sbilanciata da un lato c'è il comportamento passivo, dall'altro il comportamento aggressivo. Hai mai provato a fare quegli esercizi in palestra dove stare in equilibrio su una tavola con una base che tende a farla oscillare?

comunicazione equilibrata

Per mantenere l'equilibrio è meglio guardare un punto fisso posto davanti.

C'è un trucco per mantenere l'equilibrio: guardare avanti. Quando fissi un punto davanti a te il tuo corpo diventa automaticamente più capace di stare in equilibrio.

Allo stesso modo se vuoi mantenere calmi i toni e non rischiare di reagire emotivamente all'altro puoi aiutarti come fa Rosenberg. Solitamente reagiamo in maniera emotiva a persone che ci fanno sentire sotto attacco. Ma perché quella persona si comporta in quel modo?

Spesso lei stessa è in una situazione difficile da gestire in cui sta cercando di gestire un suo bisogno non soddisfatto. Solo che non ha le competenze per gestire le sue emozioni ed esprimersi con chiarezza. Quindi spetta a te fare il lavoro.

Prova a chiederti 'qual è il bisogno non soddisfatto di questa persona?'. Farti questa domanda è come fissare un punto davanti a te. Ti permetterà di mantenere meglio l'equilibrio. Questo perché sposterai l'attenzione sui motivi che spingono la persona ad agire in un certo modo invece che sulla tua interpretazione e reazione a quel comportamento.

​Esempio:
A: 'Quello è un pessimo fisioterapista'
B: 'E' infastidita è vuole vedere una diversa qualità nel trattamento?'
A: 'Non gli fa fare esercizi. Adesso lo tiene di nuovo a letto, non possiamo andare avanti così'
B: 'Vuole vedere che suo figlio stia meglio e teme che se il fisioterapista non lo spinge a fare esercizi non succederà?'

A: 'Sì ho paura per mio figlio'
B: 'E' spaventata per quello che potrebbe succedere a suo figlio'

A: 'Sì è così giovane e non sopporterei vederlo costretto a letto'
B: 'Teme che possa non riprendersi?'

A: 'Ho paura che debba abbandonare il calcio, per lui è la sua vita... E' così giovane si immagini se dovesse finire per usare le stampelle per tutta la vita'

Ci sono quattro reazioni che puoi avere quando la conversazione si 'scalda':

  1. Dai la colpa a te stesso
  2. Dai la colpa all'altro
  3. Ti concentri sulle tue emozioni e i tuoi bisogni
  4. Ti concentri su emozioni e bisogni dell'altro

In che situazioni passi a colpevolizzare te stesso? In che situazioni passi a colpevolizzare gli altri? Con quali persone ti capita di più? Ti capita a volte di concentrarti su emozioni e bisogni?

La prossima volta che ti ritrovi a discutere con una persona che sta reagendo in maniera emotiva prova a chiederti 'qual è il suo bisogno non soddisfatto?'. Prova ad andare alla ricerca di questo bisogno, anche se non lo trovi avrai fatto un esercizio molto utile. Avrai reagito in maniera empatica, dandoti tempo per restare con le difficoltà dell'altro.

Non personalizzare!

Il cervello umano è veloce ma a volte prende delle scorciatoie che ci fanno interpretare le cose in maniera un po' distante dalla realtà. Una di queste scorciatoie si chiama personalizzazione.

La personalizzazione ti fa sentire come la causa delle emozioni e del comportamento altrui. Ti è mai capitato di chiederti perché un amico o un collega fosse arrabbiato con te senza che ci fosse un'apparente motivo? Forse stavate parlando e, infastidito dal suo comportamento, gli hai detto: 'non prendertela con me!'.

Sicuramente ci sono persone che si arrabbiano con te. Ma è altrettanto probabile che, a volte, ci siano persone con i loro problemi che hanno solo avuto una giornata storta. Il rischio è che il tuo cervello faccia l'equazione: indizi di rabbia = arrabbiato con me.

Se stai dicendo 'non prendertela con me!' a una persona che ha avuto una giornataccia stai dicendo qualcosa come: 'siccome io non sono in grado di gestire le mie emozioni che nascono da come interpreto il tuo comportamento, devi essere tu a gestire le tue emozioni'.

Il segreto di google per far funzionare i team

Google ha condotto una ricerca durata ben due anni per capire cosa rendesse veramente produttivi alcuni gruppi. Quello che accomunava i team eccellenti era la sicurezza psicologica. Ovvero la credenza condivisa che non si verrà puniti per gli errori commessi.

Per poter essere produttivi bisogna assumersi dei rischi (risk-taking). L'assunzione di rischi da parte di chi ti sta vicino viene facilitata dalla sicurezza psicologica mentre viene ridotta drasticamente dai comportamenti punitivi.

Insomma la sicurezza psicologia è un po' come la rete che permette ai trapezisti di fare ciò che fanno.

A volte basta una frecciatina o un commento fuori luogo per innescare le stesse reazioni di insicurezza che immobilizzano gli animali anche nei colleghi o negli amici. E' una reazione inconsapevole nella quale valutiamo uno sguardo come una minaccia, come abbiamo fatto per migliaia di anni con i predatori.

La sicurezza psicologica veicola il messaggio 'bravo che hai corso questo rischio provando' invece di 'hai sbagliato'.

6 - Come rendere la comunicazione efficace

Non c'è nulla di peggio di cercare la tecnica (o l'insieme di tecniche) con la credenza che funzionino per tutte le circostanze. Purtroppo molte persone cadono in questo tranello, leggono due cose - spesso di stampo motivazionale o pseudoscientifico - e applicano in maniera maldestra qualche tecnica con pochi o nessun risultato.

Spesso si fa riferimento a chi si comporta in questo modo come di persone in cerca della bacchetta magica. E' lo stesso approccio di chi pensa di rimettersi in forma iscrivendosi in palestra. Poi che si vada a sudare o no poco importa.

Oppure chi cerca la dieta che riesca a fare il lavoro al suo posto per via di integratori dalle proprietà miracolose.

Se hai letto le prime parti di questa guida dovrebbe iniziare a essere chiaro che comunicare è come danzare. Ci vuole il giusto clima e anche per applicare tecniche specifiche serve il clima adatto e il tempismo corretto. Rimangono valide tutte le considerazioni fatte nei capitoli precedenti che rappresentano la base di una comunicazione efficace.

Mantieni un atteggiamento aperto di accettazione

Molte correnti psicologiche che si sono occupate di psicoterapia, gestione delle emozioni, counseling, ecc. concordano su un punto: bisogna mantenere un atteggiamento aperto ed accettare l'altro. Prova a pensare come ti senti e come ti comporti con un tuo caro amico. Prova a pensare adesso a come ti senti e come ti comporti con un collega o un parente che non ti piace, che è sempre critico e ostile.

Le persone si influenzano a vicenda e quindi è tua responsabilità mantenere un atteggiamento che favorisca la comunicazione. Non è facile ma otterrai dei grandi benefici se riuscirai a porti come persona aperta, non giudicante e ad accettare gli altri.

Nella stragrande maggioranza dei casi chi dice di accettare non lo fa realmente. Lo fa solo su un piano razionale ma, in realtà, giudica. Se hai delle reazioni emotive negative è probabile che i tuoi interlocutori se ne accorgano anche solo dal tono di voce o dalla mimica facciale.

Usa il linguaggio dell'altro

Molte persone fanno spesso sfoggio di lessico tecnico e difficilmente comprensibile. Questo può essere molto utile, anche necessario, per professionisti di un settore che si confrontano. Per la maggior parte della persone, però, diventa frustrante e fastidioso.

A volte può addirittura essere un modo che alcune persone adottano per manipolare l'altro. Un ingegnere parla con un suo linguaggio tecnico alla persona a cui sta ristrutturando la casa non si farà capire. Può farlo senza rendersene conto, oppure perché vuole che l'altro non capisca.

Per comunicare serve un lessico condiviso e devi sforzarti, nel limite del contesto, di utilizzare il lessico del tuo interlocutore. A volte è meglio usare parole inesatte per farsi capire bene, piuttosto che le parole giuste senza però riuscire a far capire il proprio messaggio.

Se invece ti trovi davanti a una persona che parla in modo incomprensibile ricordati che hai il diritto di dire 'non capisco'.

Usa la ripetizione

Carl Rogers, padre del counseling, utilizzava una tecnica semplice e molto efficace. Ripeteva le ultime parole del suo cliente con un tono affermativo - non interrogativo:

Esempio:
- 'Cosa ne pensi della nuova proposta che ci hanno fatto?'
- 'Non so non mi convince. Non penso sia la scelta giusta'
- 'Pensi che non sia la scelta giusta'
- 'Sì assolutamente... finora abbiamo sempre lavorato con Giulio e ci siamo sempre trovati bene, non capisco perché cambiare'

- 'Non vedi motivi per un cambiamento'
- 'Esatto, voglio dire e se poi i nuovi fornitori non mantengono fede agli accordi che succede? Forse l'accordo che abbiamo adesso non sarà dei più convenienti ma almeno li conosciamo e sono affidabili'

La ripetizione è esemplificata dall'immagine del palleggiare a tennis. L'idea è di tenere la palla in gioco perché la persona elabori quello che vuole dire. Questa tecnica diventa molto utile con una persona che non si sta spiegando oppure appare confusa.

Usa le giuste domande

Saper fare domande è un'arte. Le domande hanno il potere di guidare la conversazione con gentilezza, ti permettono di rendere le persone più consapevoli ma anche di cambiare idea.

Le domande possono anche migliorare le relazioni, creare vicinanza ed empatia. Facendo domande dimostri il tuo interesse e fai sentire ascoltata una persona.

Le domande sono come utensili, ce ne sono di diversi e vanno utilizzate in modo diverso e per uno scopo differente. 

Domande aperte

Le domande aperte sono quelle domande che prevedono una risposta 'aperta' ovvero ampia e articolata. Un esempio può essere: 'cosa ne pensi del cambiamento del clima?' Servono per ottenere una buona quantità d'informazioni, senza vincolare chi risponde.

Domande chiuse

Le domande chiuse prevedono una risposta 'sì/no'. Un esempio può essere 'come ti chiami?', dove c'è un unica risposta giusta e non verrà aggiunto altro. Servono per avere risposte molto specifiche, per togliersi un dubbio o indagare dei fatti specifici.

Le domande aperte sono molto poco utilizzate ma sono strumenti molto efficaci. Dovresti cercare di utilizzarle di più, soprattutto all'inizio di una discussione. Così riesci a capire meglio la situazione e a partire con un clima positivo.

Ci sono molti casi inoltre di persone che con le domande chiuse hanno guidato l'interlocutore a dare risposta in linea con ciò che veniva chiesto. E' un modo di influenzare di cui a volte neanche chi usa le domande si accorge.

Pensa anche banalmente la differenza di informazioni che hai chiedendo 'che dolci ti piacciono?' rispetto a 'ti piace il torrone?'

Prova a utilizzare un maggiore numero di domande aperte.

Dipingi immagini con le metafore

Sviluppare delle metafore ti permette di astrarre la situazione o portare la persona a riflettere su situazioni simili in cui la morale sia più evidente o dove sia meno coinvolto emotivamente. Puoi presentare il tuo punto di vista semplificandolo, applicandolo a un altro problema che lo fa apparire più logico e scontato.

Una dirigente di un centro dove lavoravo si era decisa a investire per migliorare la visibilità su internet del centro. Chi doveva prendere in mano la parte pubblicitaria ha chiesto un budget annuale e lei non era d'accordo perché voleva approvare ogni spesa singolarmente e solo quando c'era un corso da pubblicizzare.

Insomma, non aveva competenze in maniera ma voleva decidere lei come andasse fatta ogni cosa. 

Uno dei suoi soci ha fatto ricorso a una metafora per farle capire che non era produttivo questo suo approccio. Ha paragonato i servizi su internet che venivano offerti alla cura di una piscina. A parte pulire le foglie che ci finiscono dentro, bisognava tenere sotto controllo delle sostanze chimiche come il cloro che necessitavano di competenze e strumenti specifici. 

Se ho una piscina affido la manutenzione a chi lo fa per lavoro e lascio fare a lui. Non è che lo chiamo sulla base di quando penso che vada messo il cloro, perché lui lo sa meglio di me e monitora i livelli con analisi chimiche. Non lo chiamo neanche sulla base di quando penso che vadano puliti i filtri, perché non so quanto durino o come funzionino. Al massimo faccio notare che è sporca e non sta lavorando bene, poi come decide di risolvere il problema sono fatti suoi.

Le metafore hanno anche un altro vantaggio, rimangono in testa. E' più facile ricordare un'immagine che un lungo discorso.

Chiarisci le aspettative di entrambe le parti

Il mito del vero amico dice che diamo per scontato che gli altri sappiano cosa desideriamo e quale sia la nostra opinione. Questo ti può portare a non dire esplicitamente cosa vuoi e cosa ti aspetti. Purtroppo le persone raramente sono a conoscenza di ciò se non siamo noi a dirlo esplicitamente.

Molto spesso invece noi ignoriamo le aspettative e i desideri degli altri. In questo modo magari due coniugi finiscono per comportarsi in un certo modo, solo perché immaginano sia quello che l'altro vuole. Infatti è abbastanza comune il caso di persone che si comportano in un certo modo solo perché credono sia ciò che gli altri si aspettano da loro.

Chiarire le aspettative ti permette di essere allineato con chi ti sta intorno. Significa appurare che vi state muovendo su un territorio comune e per una meta condivisa.

Potresti essere in imbarazzo a parlare apertamente di queste cose ed è normale. Purtroppo viviamo in una cultura che ti insegnato, fin da quando eri un bambino, a stare zitto e non dare fastidio. Attento a non interpretare la sensazione di essere a disagio - di uscire dalla tua zona di comfort - come indice che stai facendo qualcosa di sbagliato.

Ovviamente ci vuole un po' di tatto per capire quando è meglio non toccare qualche argomento. Ricordo un amico che aveva accettato un lavoro senza chiedere lo stipendio perché gli sembrava scortese. In questo caso avrebbe potuto tranquillamente essere diretto e affrontare il discorso prima di accettare il lavoro.

Evita il sovraccarico cognitivo

Purtroppo spesso approcciamo la comunicazione come se fossimo dei computer. Puntando a dare molte informazioni o a voler convincere con la mole di dati. Nella realtà la nostra attenzione è limitata e la nostra memoria è selettiva.

In parole povere prestiamo attenzione solo a una parte di ciò che sentiamo e ne ricordiamo ancora meno.

Troppe informazioni confondono, il tuo interlocutore non sa a cosa dare attenzione. Potrebbe perdere parti importanti del tuo discorso e prestare attenzione a parti superflue. Inoltre spesso le persone non capiscono quello che noi abbiamo in testa.

Quando parli traduci i tuoi pensieri in parole. Queste parole vengono sentite dal tuo interlocutore e interpretate - in maniera inconsapevole - fino a diventare altri pensieri. Capisci che si tratta di un telefono senza fili.

Bisogna lavorare sulla qualità del messaggio finale percepito e non sulla quantità d'informazioni gettate al vento. Solitamente è più efficace il messaggio più conciso, ovviamente nel limite dell'educazione. Ma non confondere eventuali convenevoli con il messaggio in cui comunichi ciò che vuoi dire.

Molto spesso chi si trova a disagio una volta che arriva al punto del discorso inizia a perdersi in giri che servono a gestire le sue emozioni, non a comunicare.

Concludi riassumendo

Alla fine di una discussione è buona abitudine riassumere tutto. Questo ti permette di fissare meglio quanto detto e di migliorare la comprensione dell'altro, almeno sui punti importanti. Oltretutto è un ultima possibilità che l'interlocutore ha di correggerti o a di aggiungere qualcosa.

Non sentirti in obbligo di farlo solo alla fine di una conversazione. Prova a integrare parafrasi e riassunti anche durante un dialogo. Vedrai che riuscirai a ottenere degli ottimi risultati.

In questa fase riassuntiva vale la pena sottolineare nuovamente eventuali aspettative. Questo soprattutto se state decidendo qualcosa a livello operativo. Se non lo avete già fatto, può essere il momento di definire degli obiettivi. 

Ovviamente non è necessario che un dialogo termini con la definizione di obiettivi.

I 12 ostacoli alla comunicazione

Assieme ad alcune accortezze ciò per comunicare in maniera efficace, lo psicologo americano Thomas Gordon ha redatto una lista di 12 errori che bloccano la comunicazione:

  1. Ordinare
  2. Minacciare
  3. Avvertire
  4. Dare soluzioni
  5. Argomentare con la logica
  6. Giudicare
  7. Apprezzare
  8. Etichettare
  9. Interpretare
  10. Rassicurare
  11. Investigare
  12. Cambiare argomento

L'aikido verbale

Puoi comunicare in maniera efficace usando la mindfulness anche nei rapporti interpersonali. La metafora è con l'aikido: un'arte marziale pacifista che punta a deviare gli attacchi. Lo scopo è neutralizzare gli attacchi senza che nessuno dei due si faccia male.

C'è un movimento nell'aikido che consiste nel neutralizzare l'azione dell'avversario per poi trasformarla. Puoi fare una cosa simile nella comunicazione per avere un'alternativa efficace ad atteggiamenti passivi o aggressivi. 

1. Allinearsi

Nell'aikido si comincia avvicinandosi ed entrando in azione. Nell'aikido verbale prova a comprendere il punto di vista dell'altro, a metterti nei suoi panni. Cosa può averlo condotto in quella situazione? Come si sente? Puoi utilizzare la mindfulness per cogliere le emozioni che ci sono dietro alle sue parole.

2. Dichiararsi d'accordo

Getta delle basi trovando i punti su cui siete d'accordo piuttosto che sottolineare ciò in cui siete in disaccordo. In questo modo è come se iniziaste a guardare nella stessa direzione, dallo stesso punto di osservazione. Non devi fare dichiarazioni che possano essere percepite come accuse.

3. Reindirizzare

Questo è il momento in cui cerchi di provocare un cambiamento. Se hai seguito i primi due punti puoi orientare l'attenzione dell'altro su qualcos'altro per cambiare il corso della conversazione. Puoi dire qualcosa come 'anche io sono dispiaciuto e siamo in una pessima situazione. Cosa possiamo fare di concreto per migliorarla?'.

Lo scopo è di lavorare verso una soluzione comune come una squadra che collabora.

4. Concludere

Attenzione, in questa fase non è necessario risolvere il problema. Si può arrivare alla soluzione, ma anche a un compromesso oppure ad accettare che non siete d'accordo e che discuterete nuovamente della questione. Si tratta di concludere la discussione me non è detto che sia anche la fine del problema.

7 - Gestire le emozioni per migliorare la relazione

Per poter essere veramente bravo a comunicare con gli altri devi essere in grado anche di gestire le emozioni. Sia le tue che quelle degli altri. Diventa quindi fondamentale fare attenzione alle reazioni emotive dell'altro.

Prova a pensare all'ultima discussione che è sfociata in un litigio a cui hai assistito. Poteva essere a lavoro, piuttosto che in famiglia o magari una riunione di condominio. Forse hai notato che quando inizia a esserci troppa emotività in gioco, non si riesce più ad andare da nessuna parte.

Quando siamo emotivamente attivati reagiamo come animali: attaccando o scappando. Per questo motivo è necessario riuscire a regolare le emozioni.

Il termometro

Siamo animali per quanto evoluti, educati e poco pelosi. Se ci sentiamo minacciati o sotto accusa, poca importa se è una conversazione civile. Reagiamo come se fossimo ancora delle scimmie nella savana: attaccando o fuggendo. 

In termini umani provando rabbia e comportandoci in maniera aggressiva oppure provando paura (ansia) e comportandoci in modo passivo. 

Se vuoi mantenere produttiva la conversazione ed essere ascoltato, devi tenere d'occhio l'attivazione emotiva dell'altro. Può essere utile che ci siano delle emozioni in gioco - così da scacciare la noia non fare addormentare. Ma ti conviene evitare che diventino troppo forti.

Quando comunichi con gli altri, quindi, devi tenere d'occhio le reazioni emotive dell'interlocutore. E' come se avessi un termometro: quando la temperatura si alza troppo devi lasciar perdere la discussione e focalizzarti sulla gestione delle emozioni.

Immagina di cucinare un piatto che ha bisogno del fuoco per cucinarsi, ma che si rovina se lo porti a ebollizione. Il fuoco è il confronto: è ciò che ti permette di arrivare al tuo scopo ma se usato troppo rischia di alzare troppo la temperatura e mandare tutto all'aria.

Per questo motivo devi sviluppare un tuo termometro e allenarti a cogliere i segni di rabbia e paura delle persone con cui parli. Solitamente la tendenza è di reagire in maniera emotiva e questo peggiora le cose ulteriormente.

Prova invece a 'togliere dal fuoco': ovvero interrompi la discussione per passare a gestire le emozioni con le tecniche che ti consigliamo di seguito.

Riconoscere l'altro con la validazione

Groucho Marx diceva che: "il maglione è quel capo di abbigliamento che un bambino mette quando sua madre sente freddo". Con questa acuta battuta coglieva quello che in psicologia chiamiamo ambiente invalidante. Ovvero quelle situazioni in cui una persona mi dice come mi sento, come dovrei sentirmi o che non è così male quello che sto passando.

Queste comunicazioni inviano un messaggio invalidante. Invalidante nel senso che toglie validità o legittimità alla tua esperienza. 'Non hai da lamentarti', 'dovresti essere contento', 'non è niente', 'dovresti fare questa cosa e quest'altra', ecc.

Quando invece validi l'esperienza dell'altro, lui si sente veramente compreso. Se una persona ti dice 'mi aspettavo una risposta più rapida', una risposta che valida è, ad esempio, 'può essere frustrante aspettare che qualcuno risponda'. Rispondere all'esperienza soggettiva non solo fa sentire compreso l'altro ma ti aiuta a gestire eventuali richieste o obiezioni.

Ti permette di non finire a litigare sui fatti e a non vivere i problemi e le difficoltà degli altri come accuse. Una persona ha il pieno diritto a pensare e dire:  'mi aspettavo una risposta più rapidaesprimendo un'emozione negativa. Non è una critica alla tua persona e in questo modo puoi allenarti a non viverle come attacchi ma, anzi, a trasformarli in momenti estremamente costruttivi in cui accogli e riconosci le difficoltà altrui.

Non sottovalutare la forza della validazione. Probabilmente lo farai perché la prima volta che la utilizzerai non andrà bene e sarai tentato da dirti 'ecco questa cosa da psicologi non funziona'. Insomma un po' come se provassi a fare per la prima volta un dolce molto difficile da cucinare e, siccome non viene bene, dicessi 'ecco questa ricetta non funziona'.

Marsha Linehan, una famosa psicologa, riesce a curare pazienti con difficoltà emozionali forti al punto da tentare il suicidio. Cosa c'entra? Se un clinico riesce a gestire l'emotività di chi tampona le sue sofferenze emotive con droga e autolesionismo con questa tecnica, immagina quanto può essere efficace per gestire l'emotività di qualche collega o amico. Prova a farci un po' di pratica e vedrai i risultati.

Normalizzare per far sentire a proprio agio

Alcuni psicologi riconducono la capacità di alcune persone di far fronte a situazioni ed emozioni molto negative al fatto che hanno imparato per esperienza che le loro emozioni sono normali. Sono stati accuditi da genitori che per quello che dicevano e come si comportavano, comunicavano 'tu, i tuoi pensieri e le tue emozioni sono normali'.

A volte le persone vanno in crisi a livello emotivo e avrebbero solo bisogno di qualcuno che gli dicesse 'è normale andare in crisi per questa cosa'. Molto spesso, invece, la nostra reazione automatica ci porta a reagire negativamente davanti agli altri. Quasi come se non avessero dovuto reagire emotivamente.

Se ci pensi è un paradosso: reagisco emotivamente perché tu hai reagito emotivamente mentre mi aspettavo che non lo facessi.

Criticare se stessi invece di criticare gli altri

'Mal comune mezzo gaudio' dice un proverbio. Solitamente non vogliamo consigli da chi ne sa più di noi ma possiamo accettare di imparare dalle disgrazie altrui. La prossima volta che vuoi dire a qualcuno che cosa dovrebbe fare, prova a morderti la lingua.

Fai un bel respiro e trasforma quel consiglio in una storia. Una storia dove tu eri lui - pensavi e agivi come lui. Finché non hai avuto problemi e difficoltà, al che è arrivato un salvatore che ti ha spiegato cosa dovevi fare. Ovviamente senza di lui, non ci avresti mai pensato.

In questo modo ti presenti come pari e non come persona critica. Il modo migliore è proprio raccontare solo storia. Se poi riprendi a dare consigli e dire all'altro cosa deve fare può essere percepito come una spinta a cambiare e rischi quindi di provocare una resistenza.

Migliorare il rapporto con le autoaperture

In psicologia si parla di autoapertura (self-disclosure) quando racconti qualcosa di personale che non è necessario ai fini della conversazione né richiesto dall'altro. Siamo soliti fare confidenze a chi ci piace e con cui abbiamo un rapporto stretto. Nancy Collins e Carol Miller hanno analizzato statisticamente 45 ricerche scientifiche su questo argomento.

Sono emersi 3 effetti delle autoaperture:

  1. Le persone si confidano alle persone che gli piacciono;
  2. Le persone che confidano più dettagli privati della loro vita, vengono percepite come più piacevoli rispetto a chi ne condivide pochi;
  3. Le persone hanno la tendenza ad apprezzare di più le persone a cui hanno fatto una confidenza.

Se il primo punto è banale e scontato, il punto 2 e 3 ci dicono che se utilizzi le autoaperture, riuscirai ad essere apprezzato di più e, allo stesso tempo, ad apprezzare le persone con cui ti confidi. Ovviamente è più difficile lasciarsi andare a delle confidenze con persone che non ci piacciono. Però questa è una formula che ti permette di migliorare il rapporto con gli altri in maniera rapida e semplice. Insomma è una ricetta per creare fiducia reciproca.

Lo psicologo Arthur Aron è andato oltre. Ha sviluppato 36 domande che permettevano di ricreare relazioni intime in laboratorio. I partecipanti alla ricerca, una coppia per volta, si sedevano uno davanti all'altro guardandosi in faccia. Procedevano a leggere le domande e a rispondere, alternandosi.

Le domande erano pensate per portare le persone a condividere sempre di più di loro stessi.

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Bibliografia

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4 commenti su “Come comunicare in modo efficace”

    1. Buonasera, per chi vuole andare oltre la lettura delle nostre risorse on-line offriamo corsi di gruppo e consulenze individuali.

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