Alla fine degli anni ‘60 la marina militare degli Stati Uniti coniò il termine soft skill. L’esercito statunitense era preparato ad addestrare i soldati sul piano tecnico, a sparare, a usare l’artiglieria o a orientarsi. Negli anni però si sono accorti che non erano questi fattori a portare i soldati alla vittoria.
La vera differenza nel successo di alcuni militari era riconducibile ad alcune competenze diverse da quelle del soldato. Per esempio da come venivano condotti da chi era in comando. In seguito a questa scoperta, l’esercito inizia a studiare queste competenze.
È stato appunto l’esercito a chiamarle ‘soft skill’, per differenziarle dalle ‘hard skill’. Le hard skill rappresentavano appunto le competenze specifiche del militare, le uniche che stavano insegnando ai soldati.Soft Skill: definizione
La traduzione di soft skill in italiano è competenze trasversali o, in maniera letterale, competenze morbide.
Le soft skill sono quelle competenze che in italiano vengono solitamente chiamate ‘competenze trasversali’. Questo in quanto non sono specifiche per le singole professioni, ma rappresentano piuttosto un insieme di capacità che si rivelano utili in ogni contesto lavorativo.
La dicitura corretta è soft skill e non soft skills, ricordiamo che l'italiano non vuole la ‘s’ finale nel plurale nei nomi inglesi.Cosa sono le Soft skill
Le soft skill sono competenze utili a prescindere dal tipo di professione. Il concetto di soft skill nasce appunto in opposizione a quello delle hard skill. Le hard skill rappresentano le competenze tecniche specifiche di ogni professione.
Saper programmare un computer o progettare un ponte è una hard skill che risulta fondamentale ma solo per programmatori e ingegneri. Saper comunicare in modo efficace, gestire lo stress, negoziare e gestire altre persone risulta utile invece in praticamente ogni mestiere.
Secondo il World Economic Forum le soft skill rappresentano le competenze più richieste entro il 2020. Saranno inoltre le uniche che permetteranno di rimanere competitivi davanti alle continue evoluzioni tecnologiche. Infatti con l’avanzare della tecnologia, un numero sempre minore di algoritmi, macchine e applicazioni saranno sempre più in grado di svolgere il lavoro di una moltitudine di tecnici.
Le soft skill rappresentano invece competenze che non sono sostituibili da una macchina o da un computer.
Secondo una recente indagine dell’Università Cà Foscari, il 69% degli addetti alle risorse umane in sede di colloquio favorisce candidati che fanno emergere questo tipo di competenze rispetto ad altri candidati con CV migliori. Le soft skill, infatti, rappresentano in molti casi le competenze che sono alla base di un migliore rendimento sul posto di lavoro e permettono di prevedere la prestazione lavorativa meglio dell’intelligenza.
La formazione in Italia, però, si è sempre focalizzata sulle competenze tecniche (hard skill). Non si mai data importanza al fatto che la maggior parte dei lavoratori ha bisogno di sviluppare delle capacità che non sono specifiche per il suo lavoro.
Sono oramai ben noti gli studi di Daniel Goleman sull’intelligenza emotiva che hanno scalzato la credenza secondo cui per avere successo nel lavoro serva essere intelligenti. In realtà quello che fa differenza è un tipo di intelligenza sociale. Non è raro che le persone più intelligenti (intelligenza pura, fattore g) riscontrino difficoltà sia nel lavoro che nella vita privata, se non sono dotate anche una forma d’intelligenza particolare che viene detta comunemente intelligenza sociale.
Soft skill: esempi
Un docente deve avere delle competenze tecniche ed esperienza nella materia dell’insegnamento. Per essere bravo nel suo lavoro, però, deve saper parlare in pubblico, saper gestire discussioni e negoziazioni con colleghi e superiori. Altre capacità tecniche possono essere rappresentate dalla capacità di cucinare per un cuoco o di calcolare come distribuire pesi e materiali per un ingegnere.
A prescindere dal tipo di lavoro che svolgi, alcune competenze possono aiutarti nel lavoro. Saper comunicare, affrontare lo stress, risolvere problemi, gestire altre persone e ragionare rendono le persone più efficaci in ciò che fanno.
Questo è vero in particolar modo a mano a mano che si sale una gerarchia aziendale. Ruoli di maggiore responsabilità portano a mansioni meno tecniche e più dirigenziali, dove l’elemento trasversale è sempre presente. Diventa infatti sempre più importante saper gestire persone e team.
Basta liste di Soft skill
Non esiste una definizione univoca e condivisa delle soft skill. È per questo motivo che non è particolarmente utile la ricerca spasmodica di liste che comprendano tutte le soft skill. Ha più senso definire quali siano i principi che definiscono una competenza come morbida invece che dura.
Per chi sia comunque interessato a leggere di alcune liste di soft skill ne proponiamo alcune delle più autorevoli.
Boyatzis le divise in tre distinte macro aree: (1) capacità relazionali, comunicative, di leadership e di negoziazione, (2) capacità organizzative, di problem solving e di pensiero creativo e (3) capacità di gestione dello stress e autoregolazione.
Partendo dagli studi di Boyatzis, Stevens e Campion, hanno identificato invece quattro categorie: (1) competenze relazionali e di leadership, che includono la negoziazione, l’assertività e la capacità di lavorare in gruppo, (2) competenze comunicative, associate all’ascolto, alle presentazioni e alla comunicazione verbale e non verbale, (3) competenze manageriali e organizzative: queste capacità includono la gestione degli obiettivi e delle risorse umane, il prendere decisioni, il monitoraggio e la gestione degli imprevisti. Infine (4) le competenze cognitive, ovvero quelle relative al pensiero creativo, al ragionamento e al problem solving.
Una definizione fatta da Bosley più recentemente divide le soft skill in tre aree:
1. Interpersonale: diplomazia, leadership, etica, collaborazione;
2. Intellettuale: problem solving, ragionamento analitico, pensiero critico
3. Comunicativa: scrivere, parlare, leggere e ascoltare.
Bibliografia
- Boyatzis, R. E. (1982). The competent manager: A model for effective performance. John Wiley & Sons.
- McClelland, D. C. (1973). Testing for competence rather than for intelligence. American psychologist, 28(1), 1.
- Pervin, L. A. & John, O. P. (2003). La scienza della personalità: teorie, ricerche, applicazioni. Raffaello Cortina.
- Spencer, L. M., & Spencer, S. M. (1993). Competenza nel lavoro. Modelli per una performance superiore. FrancoAngeli.
- Stein, S. J., & Book, H. E. (2011). The EQ edge: Emotional intelligence and your success. John Wiley & Sons.
- Stevens, M. J., & Campion, M. A. (1994). The knowledge, skill, and ability requirements for teamwork: Implications for human resource management. Journal of management, 20(2), 503-530.
- Wilaipan, W. (2013). Staff development. The Second Issue of Palatipat Journal, 3(1), 23-41.